Onorevoli Colleghi! - Con la presente proposta di legge si intende intervenire sulla legislazione in materia di incompatibilità parlamentari e regionali al fine di aggiornare il quadro normativo vigente, anche attraverso il recepimento di talune prassi seguite dalla giurisprudenza parlamentare con riferimento all'interpretazione, spesso ondivaga, data a prescrizioni contenute nella legge n. 60 del 1953.
      L'articolo 1, attraverso la specifica previsione dell'incompatibilità tra l'ufficio di parlamentare nazionale o di membro del Governo e quello di componente di una qualsiasi autorità amministrativa indipendente, mira a generalizzare la previsione di incompatibilità, ora contenuta nelle singole leggi istitutive, le quali recano formulazioni normative non sempre omogenee. Si intende offrire altresì un elemento di certezza normativa, dato che, in assenza di specifici riferimenti alle cariche elettive, si interpretano le disposizioni delle leggi istitutive di autorità indipendenti - secondo cui i componenti dell'autorità non possono ricoprire uffici pubblici di qualsiasi natura - nel senso di ritenere compresi tra gli uffici pubblici anche gli uffici di deputato e di senatore. Tale norma di interpretazione autentica permette di ovviare all'indeterminatezza di talune formulazioni legislative attualmente vigenti. L'articolo intende altresì sancire legislativamente l'incompatibilità delle cariche di presidente di giunta provinciale e di sindaco di comune con popolazione superiore a 20.000 abitanti con il mandato parlamentare, quando tali cariche siano assunte successivamente all'elezione parlamentare. È noto che l'articolo 7, primo comma,

 

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lettere b) e c), del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, stabilisce che non sono eleggibili a deputati i presidenti di giunta provinciale e i sindaci di comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti. Non esiste, invece, una norma che esplicitamente sancisca l'incompatibilità con il mandato parlamentare delle predette cariche elettive. L'assenza di un'esplicita previsione di legge ha dato luogo nel corso delle legislature a una tendenza interpretativa oscillante da parte della giurisprudenza parlamentare, che ha visto in una prima (e lunga) fase l'affermarsi del principio di «trasformazione» delle cause di ineleggibilità sopravvenute in cause di incompatibilità, attraverso il riconoscimento in capo al soggetto interessato della facoltà di optare tra il mandato parlamentare e la carica o l'attività che, se rivestita o svolta in un momento antecedente l'elezione, avrebbe determinato una situazione di ineleggibilità. A partire dalla XIV legislatura si è avuta un'inversione di tale tendenza interpretativa, attraverso il riconoscimento del permanere di una situazione di compatibilità con il mandato parlamentare pur con il sopraggiungere di situazioni giuridicamente riconoscibili come cause di ineleggibilità, se antecedenti all'elezione. La soluzione che si intende offrire appare essere la più adeguata dal punto di vista dell'equilibrio dei poteri, considerato che le cariche di sindaco di comuni con rilevante popolazione e di presidente di giunta provinciale, oltre a poter costituire posizione idonea a influenzare l'elettorato per le elezioni al Parlamento, potrebbero configurare anche un possibile conflitto di interessi con il mandato parlamentare in relazione a possibili decisioni con effetti sul territorio del comune o della provincia di cui il parlamentare assume la guida.
      L'articolo 2 è volto a sostituire le disposizioni contenute nell'articolo 2 della legge 13 febbraio 1953, n. 60. In particolare, nel comma 1 dell'articolo in questione tra le ipotesi di incompatibilità è contemplata anche la carica del consigliere di amministrazione. Con un'ulteriore integrazione normativa si intende procedere alla codificazione di una prassi parlamentare - confermata anche nella XV legislatura, come risulta dalle sedute della Giunta delle elezioni del 26 ottobre e del 9 novembre 2006 - che ha visto affermarsi (relativamente alle cariche economiche ivi contemplate) una forma di conversione delle cosiddette «ineleggibilità d'affari», previste al numero 1) del primo comma dell'articolo 10 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, in cause di incompatibilità ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 60 del 1953. Va peraltro rilevato come l'accoglimento di una tale soluzione legislativa imporrà un successivo intervento legislativo volto a riformulare le medesime disposizioni contenute nell'articolo 10, primo comma, numero 1), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, al fine di precisare la portata normativa così da evitare un'illogica e antitetica duplicazione legislativa, in virtù della quale un'identica situazione sarebbe al contempo sanzionata in termini sia di ineleggibilità sia di incompatibilità. Il comma 3 dell'articolo 2 della legge n. 60 del 1953, come modificato dalla presente proposta di legge, estende poi il regime di incompatibilità alle cariche e alle funzioni di cui al comma 2 ricoperte o esercitate in società o enti ai quali sia affidata la gestione, anche mediante società controllate, di servizi pubblici locali in territori appartenenti a più regioni (ossia, in ambiti territoriali non localmente circoscritti e, quindi, tali da assumere una certa rilevanza ai fini di una valutazione di incompatibilità su scala nazionale). Inoltre l'articolo introduce una causa di incompatibilità di carattere generale con riferimento alle società o alle agenzie con finalità di promozione economica, occupazionale e di inclusione sociale, mediante le quali sempre più spesso si esercita oggi l'azione incentivante dello Stato nell'economia e nelle politiche del welfare (come, per esempio, nel caso di «Sviluppo Italia» e di «Italia lavoro»). Si
 

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prevede, in tal modo, una specifica incompatibilità tra il mandato parlamentare e le cariche di presidente, direttore generale, membro del consiglio di amministrazione, liquidatore, sindaco, revisore o consulente in enti, agenzie o società a prevalente partecipazione statale volte alla promozione di attività produttive e delle politiche del lavoro e dell'occupazione, anche a supporto delle regioni e degli enti locali.
      L'articolo 3 interviene in materia di incompatibilità per le cariche regionali, individuando - attraverso la sostituzione della lettera a) del comma 1 dell'articolo 3 della legge 2 luglio 2004, n. 165 -, tra i princìpi fondamentali che devono essere rispettati dal legislatore regionale in materia di incompatibilità dei presidenti di regione, dei membri delle giunte regionali e dei consiglieri regionali, quello secondo cui sussiste incompatibilità in caso di svolgimento di funzioni o cariche, anche elettive (diverse da quelle per le quali è già prevista dalla vigente legislazione l'incompatibilità con le cariche di amministratore locale), suscettibili di provocare conflitti atti a compromettere il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione regionale ovvero il libero espletamento della carica. Con lo stesso articolo è introdotta la lettera a-bis), che individua come ulteriore principio quello della sussistenza di incompatibilità nel caso di titolarità o di esercizio, da parte di chi rivesta la carica di presidente o di componente di una giunta regionale, di interessi economici o di attività imprenditoriali suscettibili di determinare conflitti di interessi.
      La presente proposta di legge è volta a disciplinare i casi di incompatibilità tra cariche rappresentative e tra queste e incarichi di amministratore, ma sussiste anche il problema di impedire la nomina a incarichi in enti pubblici di «politici», che vengono «compensati» - persa la carica rappresentativa - con posti dirigenziali. Si lascia alla discussione parlamentare il compito di definire una normativa volta a precludere l'assunzione di incarichi in società, pubbliche o a prevalenza pubblica, da parte di parlamentari cessati dalla carica. La questione tocca sfere della libera determinazione delle attività personali e di poteri delle società pubbliche (ormai, per la maggior parte, disciplinate secondo la normativa del codice civile), e dunque richiede una ricognizione puntuale di tali società per determinare le possibili cause di esclusione, senza ledere i diritti dei singoli e i poteri delle società. È indubbio comunque che casi di favoritismi e clientelismi continuano a essere diffusi (si veda da ultimo l'inchiesta de Il sole-24ore dell'11 giugno 2007, pagina 4, in cui si fornisce un elenco di parlamentari non rieletti nella XV legislatura, nominati in enti pubblici a prescindere da appropriate competenze).
 

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